In questo periodo c’è una questione che mi sta particolarmente a cuore, più di altre: capire insieme a voi come sbloccare la questione lavoro per noi giovani.

Sia chiaro, non rivesto alcuna carica istituzionale e certo non ho la bacchetta magica per risolvere il problema dalla sera alla mattina, anzi.

Ma gli occhi per osservare ciò che accade intorno a me ce li ho e la testa per riflettere anche, per cui, condividere il frutto di queste due attività e fornirti qualche strumento utile per concretizzare, credo sia sufficiente a smuovere almeno gli animi più sensibili.

Sì, perché ho a che fare con ragazzi tutti i giorni, spesso molto giovani, miei coetanei, o poco più grandi ma mai superiori alla 30ina. E di frequente li sento lamentare l’assenza di lavoro.

Mando curriculum, chiedo di fare stage, ma non mi chiama nessuno o se lo fanno non mi pagano e dopo mi mandano via. Lo Stato deve fare qualcosa, viviamo proprio in un brutto Paese“.

Frasi fatte, anche stereotipate se vogliamo, ma certo sulla bocca di tutti o quasi.

Ora, però, mi sorgono spontanee delle domande:

È realmente così?

È il lavoro che manca o siamo noi che lo rifiutiamo?

Come si comportano con noi i datori di lavoro? Lo fanno a torto o a ragione?

So di camminare sul filo del rasoio e di toccare un nervo scoperto e anche piuttosto dolorante. Il rischio di essere fraintesa è elevatissimo, attaccata ancora di più, ma onestamente ne vedo troppe per continuare a tacere.

Sì, perché a differenza del mio post dedicato al lavoro dipendente o in proprio, che presuppone già delle competenze e conoscenze, questa volta voglio fare un passo indietro e arrivare all’origine. Quel momento in cui sai dove vuoi arrivare, sai anche come partire, hai tutta la strada tracciata in mente, ma non hai nessuna esperienza alle spalle e ti scontri per la prima volta con il duro mondo del lavoro.

Mi sto rivolgendo a te, diplomato che non hai proseguito gli studi, a te laureato, fresco fresco di proclamazione, a te, giovane disoccupato che non ti sei mai cimentato in nessun lavoro e vive sulle spalle della propria famiglia da sempre.

Mi sto rivolgendo soprattutto a te, che hai mollato gli studi da un po’, invece, e non hai la più pallida idea di cosa fare nella vita, perché “Tanto, il lavoro non c’è, dove mi avvio!

Ecco, a te, che rientri in una di queste fasce, chiedo: come pensi di renderti indipendente da mamma e papà?

So che stai alzando il sopracciglio, interdetto, perché sembra che io voglia darti contro. Beh, non è così.

Perché caro il mio aspirante lavoratore c’è una verità molto diffusa che forse non ti hanno mai rivelato, né a casa, né a scuola e men che meno all’università: nella maggior parte dei casi, per arrivare dove vuoi arrivare, se sai già quale sarà il tuo traguardo, dovrai partire da una strada diversa dalle tue iniziali aspirazioni.

Un po’ te l’ho accennato la scorsa volta, quando ti raccomandavo di non chiudere le porte in faccia a niente e nessuno e di partire dalla gavetta. Oggi, mi focalizzerò su questi due aspetti.

Sì, perché sai, quotidianamente mi interfaccio con imprese, artigiani, piccole attività locali che, ahimè, lamentano il problema contrario: ho bisogno di manodopera, ma non trovo nessuno disposto a sostenere i ritmi.

Sì, so anche cosa stai pensando: ma loro sanno solo sfruttare, mi trattano male, non mi mettono in regola, non mi pagano abbastanza, e così via.

In effetti, viviamo in contesti in cui spesso manca anche un po’ di cultura imprenditoriale e investimento sui giovani volenterosi, al punto da non saperli incoraggiare e valorizzare. Così tutti fanno di un’erba un fascio, nessuno si guarda in faccia e alla fine, c’è chi rimane senza lavoro e chi senza manodopera.

La verità, dov’è?

Nel mezzo, come sempre.

Tempo fa qualcuno ha definito la nostra una generazione “choosy“, con la puzza sotto al naso. Una battuta certamente poco felice perché molto sbrigativa e generalista. Di giovani volenterosi che non ricevono le giuste gratificazioni ne è piena l’Italia e bisogna prenderne atto. Esattamente come, a ben guardare, bisogna prendere atto di quell’altra fetta di giovani che sempre più di frequente demonizzano lavori e mansioni tutt’altro che lesive della loro dignità e molto utili alla loro crescita.

Imparare un mestiere, recuperarlo, sporcarsi le mani non ha mai ammazzato nessuno, se fatto come si deve.

Settori come l’edilizia, la ristorazione, l’agricoltura, la panificazione, sono letteralmente a caccia di ragazzi con voglia di imparare a fare.

Stesso dicasi per le botteghe di artigiani (falegnameria, sartoria, restauro, ecc). Cosa darebbero pur di avere un aiutante davvero motivato.

Sì, perché il punto è tutto qui. La motivazione. Le imprese ne approfittano perché sono scottate anche da investimenti fatti su forza lavoro che non si è dimostrata all’altezza. Pronta a mettersi in malattia per rimanere a casa a giocare alla playstation, ad andare via prima dell’ora di lavoro, così entro una certa ora poteva già essere al bar con gli amici.

Come ti ho detto all’inizio, mi interfaccio spesso con queste piccole realtà aziendali e con chi è dall’altra parte e, non ne voglio far più mistero, mi riscopro spesso a convincere io questi stessi ragazzi che prendono parte ai corsi finanziati dalla Regione, quindi pienamente coperti dal punto di vista retributivo, a proseguire le loro attività.

Peggio, mi scontro anche con genitori poco consapevoli di come gira il mondo, che credono di trovare in me, nell’ente che gestisco, un ufficio di collocamento pronto a trovare lavori fissi, comodamente seduti ad una scrivania, e profumatamente retribuiti ai loro stessi figli che, non sempre, hanno saputo sfruttare bene l’occasione messa a loro disposizione, per imparare a farlo un mestiere.

La verità è che, a volerli citare tutti, ce ne sarebbero di casi da raccontare.

Così come è assolutamente vero che odio le paternali e non mi sognerei mai di farlo. Ma mi fa male prendere atto di far parte di una generazione di giovani arresi e assuefatti dalle logiche del lavoro, preferendo quelle della nullafacenza.

Mi fa male vedere le energie tipiche dei 20-30enni totalmente anestetizzate di fronte alla fatica e al sacrificio che può comportare imparare a fare qualcosa di utile nella vita. E magari guadagnarci anche per raggiungere i loro sogni.

Perché, in fondo, il segreto è tutto questo.

C’è una cosa che mi sono sentita ripetere spesso all’inizio della mia carriera: “Devi imparare a rubare il mestiere agli altri“, nel senso più positivo dell’espressione, s’intende.

È chiaro che nessuno mi ha mai insegnato a mettere sgambetti agli altri. Il senso era quello di catturare più informazioni possibile. Osservare chi sapeva fare più di me, anche quando venivo parcheggiata in un angolo a fare fotocopie. Guardare, ascoltare, all’occorrenza chiedere e uscire sempre un minuto dopo il mio superiore perché non dovevo perdermi nessuna delle sue mosse.

Appena si presentava l’occasione, dimostrare cosa avevo imparato sui libri e sul campo e volete sapere la verità? Mi è sempre andata bene.

Sono una che si è fatta sfruttare? No. Sottopagare? Forse. Ma volete mettere il patrimonio di competenze acquisito che posso giocarmi ovunque e come voglio? Questo è il valore più prezioso che si possa acquisire all’inizio della famosa gavetta. Anzi questa è la famosa gavetta. E i soldi? Mica ci sfama la conoscenza. Nel breve periodo forse no ma nel lungo, statene certi, sì.

Così, ovunque desideri arrivare, se già sai dove andare, non temere di iniziare da qualcosa di diverso, stai certo che ti servirà.

Se invece non sai da dove partire, vorresti imparare un mestiere, ma chissà se ti prendono, allora ti aiuto io.

Sì, perché, un lavoro non posso trovartelo ma le basi per affrontare tanti piccoli mestieri te le posso dare, eccome.

Qui alla CDQ si tengono ogni giorno corsi professionalizzanti, con tanto di stage finale, in aziende, laboratori e piccole attività.

Io posso servirti sul piatto d’argento l’occasione, con tanto di rimborso spese, per un tempo sufficiente a farti l’idea, ma tu, caro il mio ragazzo, devi usare l’approccio giusto e riempirti solo di tanta voglia di fare.

L’esperienza mi ha insegnato che ogni datore di lavoro che valga la pena seguire non si è mai fatto sfuggire un giovane volenteroso di lavorare.

Così, inizia a dimostrarmi che un po’ ti sei messo in discussione e vuoi liberarti di questa apatia dilagante che ti porti avanti da mesi o anni.

Già che con internet ci sai smanettare, eccome, iscriviti alla nostra newsletter e passa in rassegna tutte le opportunità che noi della CDQ Formazione ti mettiamo a disposizione. Troverai il form nella nostra homepage.

Se neanche questo ti ha convinto, allora credo proprio che chi ci ha definiti choosy, poi, così tanto torto non l’avesse.

Ti aspetto. So che farai la scelta giusta.

Sara Pellegrino – Direttrice CDQ FORMAZIONE